PAESAGGIO

Da alcuni decenni le tematiche ambientali rivestono un ruolo sempre più importante nella nostra società e la vita quotidiana dell'essere umano sempre più spesso è associata ad una modificazione intensiva del paesaggio.

Numerose sono le definizioni legate alla parola stessa, con cui si descrive l'ambiente che ci circonda, in cui noi ci identifichiamo, ma che sempre più spesso non è il paesaggio incontaminato del nostro immaginario, ma l’evoluzione di un continuo cambiamento.

Secondo la Convenzione Europea del Paesaggio documento ufficiale firmato nel 2000 dal Comitato dei Ministri della Cultura e dell'Ambiente del Consiglio d'Europa.il paesaggio è una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni.”

Infatti, il termine paesaggio, racchiude in sé elementi naturali ed elementi antropici.

Queste correlazioni di elementi rendono il territorio un sistema dinamico, in cui le trasformazioni e i mutamenti modificano la geografia stessa, racchiudendo in sè processi di evoluzione strettamenti connessi fra loro, attribuendo così, distinzioni all'interno della stessa parola, come paesaggio agrario, paesaggio naturale, paesaggio industriale, paesaggio urbano e paesaggio culturale.

Per capire meglio come nel tempo il paesaggio sia mutato esaminiamo un'area specifica del territorio bolognese raccontandone la storia paragonandola poi al presente.


Cenni storici

Il Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e dei Calanchi dell'Abbadessa si trova sulle pendici della collina bolognese a sud-est di Bologna, tra i torrenti Zena, Idice, Savena, e Quaderna, all’interno del quale sono presenti affioramenti gessosi di origine carsica di estremo interesse e i suggestivi Calanchi dell’Abbadessa.

I primi insediamenti di cacciatori e raccoglitori risalgono al paleolitico. Essendo un’area ricca di grotte carsiche, i cacciatori utilizzavano queste cavità naturali come abitazioni, ed in particolare le aree del Farneto, Castel de’ Britti e Croara.

Molte delle grotte rinvenute sono ricche di gesso, materiale già utilizzato nella preistoria poi ripreso in epoca romana per uso edilizio.

Grazie all'agricoltura gli insediamenti umani iniziarono a spostarsi verso la pianura, infatti appena fuori dal confine del parco vicino al Comune di Ozzano dell'Emilia è stata rinvenuta una città romana chiamata Claterna. Ad oggi sono in corso scavi per portare alla luce un'insediamento che durante il II secolo a.c. era di notevoli dimensioni, per poi scomparire circa otto secoli dopo in circostanze ancora ignote.

Nel periodo medievale i rilievi ospitavano piccoli centri abitati, solitamente edificati attorno ad un castello fortificato. Nell'area vi erano anche monasteri, uno in particolare, situato un tempo vicino al Passo della Badessa, è legato ad una leggenda.

Si narra che la Badessa Lucia, dopo la sua morte, fu salvatrice di un giovane della nobiltà bolognese in Terrasanta, oggi dell’edificio non rimane nulla.

Nel pressi di Mercatale, invece, si trova l’Abbazia di Monte Armato, restaurata dopo la seconda guerra mondiale è possibile ammirarla, poco più a sud sorge Castel dè Britti, un piccolo borgo fortificato costruito su uno sperone di gesso.

Bononia (Bologna) possedeva numerose costruzioni di selenite e nel 1200 d.c. il gesso venne usato per lo stucco degli edifici. Lo sfruttamento continuo delle cave portò ad un pesante impatto sull’ambiente, e alcune di esse furono chiuse perché ne era stato irrimediabilmente compromessa la stabilità (Grotta del Farneto). Il Parco è caratterizzato dalla più grande fascia di affioramenti gessosi della Regione Emilia Romagna ed hanno dato vita ad un grande complesso carsico di estremo interesse, oggi una realtà naturalistica, con altipiani, rupi, doline e valli che ospitano una vegetazione e una fauna caratteristica delle fasce altitudinali più elevate.

Oggi

Oggi il paesaggio appena descritto, come appare? I centri abitati che un tempo erano piccole realtà rurali si sono ampliate, non esistono più i lazzaretti, le abbazie i monasteri abbandonati e pieni arbusti.

Durante gli anni '80 e '90 del novecento la frenesia edilizia ha cancellato spazi verdi mutandoli in condomini, villette, strade, supermercati, centri di ritrovo, parcheggi. Ogni nuova realtà si è dotata di un’area esterna cortiliva, che è stata plasmata a piacimento dell’essere umano modificando ogni volta lo scenario.

In parte anche le aree adibite all'agricoltura hanno mutato nel tempo il paesaggio specialmente dopo la rivoluzione agricola. Un tempo la lavorazione dei campi avveniva in modo graduale, si coltivava prima un'area, quando il ciclo di vita del prodotto terminava e gli elementi che costituivano il terreno non garantivano più un ricco raccolto, il coltivatore abbandonava l’area per occuparne un’altra, lasciando alla prima, il tempo necessario per rigenerarsi. Come accade ancora oggi in alcune aree dell’africa sub sahariana dove non esiste la coltivazione intensiva. Il campo viene lasciato a riposo per anni.

Una visione ecologista studia gli effetti che eventuali scelte possano o meno turbare gli equilibri naturali. Allora sorge spontaneo chiedersi, in quale misura l'uomo può intervenire nel bilanciare gli eventi?

Non vi sono dubbi nel dire che il paesaggio antropizzato costituisce un bene primario per le comunità e ne viene riconosciuto il valore culturare. Fissa gli elementi base della cultura, ne promuove lo sviluppo e sortisce un effetto collante fra gli abitanti.

Ma altrettanto importante risulta la tutela legata al paesaggio ambientale che è parte integrante del paesaggio stesso.

Nello specifico l'area presa in esame è tutelata da leggi e regolamenti che la Regione Emilia Romagna ha attuato. Infatti negli ultimi anni, le specie animali autoctone, hanno subito un incremento come ad esempio caprioli, lepri, volpi, faine, tassi , donnole e lupi.

Difatti alcuni anni fa le Guardie Forestali e i Guardia Parco si trovavano spesso, di fronte a tracce lasciate da un animale che faceva pensare al lupo. Venivano rinvenuti resti di cinghiale, pellicce di animale, escrementi ed impronte.

Si decise quindi di utilizzare strumenti di monitoraggio diurno e notturno per verificare la presenza o meno dell’animale sul territorio. Dopo i primi avvistamenti, l'ente parco si è dotato di video-trappole e strumenti informatici che permettessero la rilevazione e l'elaborazione degli avvistamenti permettendo di tracciare una mappatura dei loro spostamenti. La particolarità dei nuovi “inquilini” del Parco sta nel fatto che l’area è situata a ridosso della città di Bologna, il monitoraggio costante ha evidenziato che, i sentieri, utilizzati dai dai podisti e ciclisti durante il giorno vengono percorsi dai lupi durante la notte.

Fortunatamente grazie ad alcuni agricoltori locali, diventati parte attiva nel monitoraggio della specie e alla diffidenza che i lupi hanno nei confronti dell’uomo ha permesso alla specie di aumentare il loro numero.

Non è sicuramente semplice riuscire a bilanciare una condivisione degli spazi, quando nella divisione degli spazi stessi vi è l'uomo.

 Debora Goretti

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